
In queste ore, a seguito della conferma dell’ex democristiano, fondatore del PD, a Presidente della Repubblica, leggo molti commenti entusiastici per il comportamento tenuto da Giorgia Meloni.
E sono apprezzamenti sicuramente meritati, perché la giovane leader di F.d.I. ha dimostrato che esiste una differenza etica ed antropologica tra chi da il giusto valore alla coerenza, al mantenimento della parola data. E chi invece, con la giustificazione che la politica è l’arte del possibile, non si vergogna di passare da una posizione all’altra senza ritegno; ancora Giorgia ha dimostrato che esiste dignità anche nella sconfitta, sapendo mantenere la schiena dritta, mentre una vittoria ottenuta con il tradimento rimane un’infamata, che pesa sull’autore negli anni a venire.
Non ne avevo dubbi, la storia personale della leader, l’humus in cui è cresciuta, le hanno insegnato negli anni che dignità ed onore non sono merce da giocarsi sul tavolo del potere, ed è giusto renderle merito.
Ma, finita questa pagina triste della nostra storia Patria, preso atto, se mai ce ne fosse stato bisogno, del fatto che donne ed uomini della destra italiana continuano a caratterizzarsi per coerenza ed integrità (almeno nei vertici), la politica non si cristallizza sui fatti, ma si concretizza nella capacità di costruire percorsi futuri.
Il disfacimento del centro destra non nasce in parlamento con l’elezione del presidente della Repubblica, non è neanche responsabilità unica di Salvini, che ha dimostrato che al di fuori del palcoscenico social, è privo della capacità di trovare soluzioni a problemi complessi, ma dalla totale assenza di un progetto politico condiviso.
Anzi di un qualsiasi progetto politico che vada oltre la costruzione di liste per vincere elezioni, prevalentemente locali, distribuendo poltrone e poltroncine a personaggi infimi, per lo più mercanti di voti che dirigenti politici.
E questa è una realtà che preesisteva all’elezione del presidente della Repubblica, ed è una realtà che interessa tutti i partiti del cdx.
Ed è il principale motivo del distacco sempre più ampio tra popolo ed istituzioni, dimostrato in modo palese dall’astensionismo crescente.
Ed in questo Giorgia una responsabilità ce l’ha.
In questi anni il sentimento popolare, direi quasi l’istinto, ha portato buona parte delle persone a rifiutare la trasformazione che le élite tecnocratiche e finanziare stanno imponendo alla società, dalle teorie gender, alla dittatura scientista, alla emarginazione del lavoro autonomo, all’emigrazione\immigrazione di massa.
Sentimento che si è manifestato in questi anni con il voto a partiti sedicenti populisti o sovranisti, nei quali in tanti hanno immaginato un argine alla deriva che stavano vivendo.
Aspettative costantemente tradite, prima dai 5 stelle poi da Salvini, in parte per insipienza, in parte per innamoramento del potere, ma soprattutto per assenza di un progetto alternativo a quello imposto dai sacerdoti del pensiero unico credibile e concretizzabile.
Quando Giorgia afferma che il centrodestra è maggioranza nel paese reale, fa un’affermazione in parte vera, ma non totalmente corretta: non è il cdx, accozzaglia di partiti uniti solo dalla fame di potere ad essere maggioranza, è il rifiuto delle imposizioni tecnocratiche, incarnate in Italia dal PD, dalla sinistra, e soprattutto da Draghi, che è maggioranza nel paese reale.
Questo sentimento, impolitico, istintuale, cerca di trovare una casa che trasformi in azione il disagio collettivo.
E non la trova.
Per un periodo è riuscito a farlo Salvini, facendo propri slogan ed esternazioni ascoltate nei bar, ma è caduto quando ha dovuto trasformare tutto questo in proposta politica, non per cattiva volontà: semplicemente non è nelle sue corde, non ha una formazione politica seria, non ha, o almeno non ha permesso che assumesse un ruolo, un parterre di persone in grado di costruire nulla che sia più di una battaglia propagandista.
Il problema è che però neanche fratelli d’Italia lo farà, non tanto perché Giorgia non sia in grado, o non abbia la formazione culturale adeguata, ma perché ha costruito un partito in cui la maggioranza della classe dirigente è convinta che sia più importante fare l’assessore di Canicattì, piuttosto che combattere una vera battaglia anti sistema.
E per fare l’assessore a Canicatti è necessario comunque rimanere nell’ambito dei “presentabili” del sistema, adeguandosi ad usi e consumi imposti dagli stessi nemici che dovresti combattere.
Oggi, davanti alle trasformazioni epocali che stanno avvenendo, nella realizzazione di un disegno malefico che punta alla disgregazione delle comunità, all’isolamento individuale, allo sfruttamento del lavoro in nome dell’arricchimento di pochi, non serve un “nuovo centrodestra”, non serve andare a ricercare nuovi moderati, costruire alleanze basate sulla sete di potere, è necessario scendere in campo in modo determinato contro il pensiero unico, assumendosene i rischi, l’emarginazione, l’identificazione nel nemico sociale.
Altrimenti la rabbia popolare, che c’è e probabilmente aumenterà, rischierà di tornare ad essere imbrigliata in movimenti fantoccio, utili e funzionali al sistema.
Temo che Giorgia, bravissima a tenere la schiena dritta non riesca ad incarnare questo progetto.
Ed è un problema