VOI IN GINOCCHIO NOI IN PIEDI TRA LE ROVINE

Le immagini di politici,poliziotti, uomini bianchi in ginocchio che in questi giorni stanno occupando il mainstream ufficiale, sono il paradigma dell’epoca che stiamo vivendo.

Il drammatico episodio della morte di un criminale, nero americano, ucciso da un poliziotto bianco, si è rapidamente trasformato nell’ennesimo movimento di piazza dei liberal americani, impauriti di una possibile conferma di Trump alla presidenza degli U.S.A.

E ancora una volta un conflitto tutto interno agli Stati Uniti d’America, viene trasformato in battaglia epocale dall’intellighenzia europea, bandiera da sventolare in nome di una nuova società, la cui caratteristica principale deve essere il senso di colpa e di vergogna dell’uomo europeo, a maggior ragione se maschio e bianco.

Quanto avvenuto a Minneapolis in realtà più che con il razzismo è determinatodalle immense contraddizioni della società statunitense, dove convivono conflittualmente due mondi: da una parte i ricchi e acculturati liberal delle grandi città, spesso e volentieri bianchi e anglosassoni, dall’altra gli emarginati del paradiso liberal capitalista, chiusi nelle periferie, a maggioranza afroamericana e ispanica, con una quotidianità regolata dalla violenza e dalla sopraffazione, dove la polizia invece di essere strumento di ordine è parte in causa degli scontri con le gang di strada, veri padroni di quei quartieri.

Un conflitto che prima di essere razziale, è principalmente sociale ed economico, fotografia della degenerazione del modello capitalista, che da Paradiso per tutti si è trasformato in inferno per tanti.

Ma ancora una volta la stampa democratica americana ha trasformato un grave episodio di cronaca in strumento per attaccare ed accerchiare mediaticamente il miliardario americano, colpevole di rivendicare la sua estraneità al modello del pensiero unico.

Avvenne al momento della sua elezione con il movimento Mee Too, dove la scintilla era la violenza degli uomini sulle donne, creando l’assunto che il maschio eterosessuale è sempre e comunque potenzialmente uno stupratore, lo fa oggi con il movimento degli inginocchiati, il cui paradigma è che il maschio bianco è sempre e comunque razzista.

E dagli States questi movimenti, nati in America come arma di scontro politico ed elettorale tra le due anime della Nazione, in maniera osmotica arrivano in Europa, dove acriticamente le élite culturali e politiche della sinistra le impongono al centro del dibattito culturale e sociale dei popoli del vecchio continente.

Ed allora tutti in ginocchio a Bologna e Torino, a Londra e Parigi, tutti a battersi il petto contro l’arroganza del maschio europeo, colpevole di tutti i crimini della storia.

La metafora dell’uomo in ginocchio, umiliato a causa della sua storia e della sua civiltà, diventa l’immagine di un mondo che invece di reagire ai drammi sociali provocati da un modello economico sbagliato, assume su di se la colpa dei mali mondiali.

L’uomo europeo deve vergognarsi, la storia e la civiltà del vecchio continente sono la causa della sopraffazione, della miseria, delle ingiustizie del mondo intero; e per questo deve chiedere scusa in ginocchio.

Questo nel mezzo della più grande crisi economica dal dopoguerra, questo mentre ci si prospetta un futuro drammatico che rischia di piegare definitivamente molte delle principali nazioni europee.

Ed è per questo che all’immagine dei liberal in ginocchio, schiavi e servi delle élite alle quali nulla interessa del dramma dei vari Floyd nel mondo, ma il cui unico fine è quello di poter continuare a controllare i popoli difendendo i loro immensi privilegi, va contrapposta l’immagine di uomini e donne in piedi che rivendicano la loro identità, la loro storia, la civiltà millenaria dell’Europa, unica vera cura alla pandemia globalista.

Se da una parte qualcuno in ginocchio sceglie di rimanere al guinzaglio delle multinazionali, degli speculatori senza Patria,davanti deve trovarsi uomini e donne in piedi tra le rovine di questo mondo, schierati e disciplinati, pronti ad affrontare il caos e l’anarchia di un mondo morente.

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