
Mentre in questi giorni si rincorrono titoli e giudizi etici sula scissione di Matteo Renzi, in pochi colgono la grande abilità tattica e strategica del politico toscano, capace di riportare la Politica al centro di un tavolo di gioco che sembrava diventato una sala bingo. Matteo Renzi con un’abilità da vero statista, è riuscito a ribaltare un tavolo che lo vedeva oramai sconfitto e marginalizzato. Anzi è riuscito a riportare al centro del tavolo una “famiglia” politica che sembrava essere cancellata dalla storia contemporanea. Guardiamo quale era la situazione dopo le europee: Salvini aveva sparigliato le carte, riuscendo ad a raccogliere un consenso tale che gli avrebbe permesso di vincere le elezioni praticamente da solo, o al massimo alleato della Meloni. Un fronte sovranista puro, finalmente libero dal cancro di Forza Italia. In parallelo Zingaretti si preparava a riconquistare la centralità del fronte progressista, filo euroeista, recuperando i voti in libera uscita dei 5 stelle, sputtanati dall’incapacità manifesta delle propria classe dirigente, trovatasi a governare dimostrando in modo chiaro la propria inettitudine. Si fosse andati alle elezioni il quadro che ne sarebbe venuto fuori era la stabilizzazione di un nuovo bipolarismo, tra due forze che si confrontavano e combattevano su due idee alternative di società. Fuori dai giochi Renzi ed i suoi boiardi, Forza Italia ed i suoi dinosauri. Ridotti a macchietta i grillini. Uno scenario estremamente interessante, la politica che si riappropria della funzione di disegnare il futuro, e non si limita a gestire il potere mentre altre forze stabiliscono le regole al di fuori delle volontà popolari. Un quadro che Renzi, con maestria tattica ha fatto saltare in pochi giorni.Sposta il gioco dalla piazza al parlamento. Costringe Zingaretti a fare il governo, salvando così la sua pattuglia di deputati e senatori; fa “comprare” il signor nessuno Conte dalle tecnocrazie europee,sterilizzando i 5 stelle, ridotti a portatori d’acqua di un tizio senza arte ne parte, privo di identità e consenso, azzerando le gerarchie del movimento. Fa nascere il nuovo governo in funzione anti sovranista, costringendo Salvini a rincorrere nuovamente Berlusconi, i cui ras locali sono necessari per vincere le regionali, unico terreno in cui il capo popolo leghista può far valere il proprio carisma e consenso, depotenziando di fatto il progetto sovranista, che rimane “inquinato” dalla componente popolare. E poi esce dal PD, imponendo la propria golden share sul governo. In sintesi: meno di un mese fa Renzi ed i centristi erano al margine dello scenario politico italiano, ma attraverso un magistrale riposizionamento tattico il Richeliu fiorentino torna a dare le carte, riconsegnando alle centrali finanziarie il destino del nostro povero popolo. Chapeu. Ora Salvini se vuole sperare di tornare a vincere deve dimostrare che oltre il consenso popolare è in grado di affrontare anche sul piano tattico il giova toscano, perchè altrimenti la stagione di rivoluzione sovranista rimarrà una breve parentesi della storia